Il Borgo di Diamante

Diamante è un mix di storia, cultura e bellezze incontaminate, una ricetta perfetta che fa di questo borgo uno dei luoghi più belli della Calabria. Se poi ci aggiungete un mare dalle acque cristalline, allora non ci sono più dubbi: bisogna venire!

Diamante è dolce e forte, come i sapori e i profumi di questa terra: il piccante e deciso gusto del peperoncino e l’odore agrumato che spigionano i cedri lungo la riviera.

Addentrandosi nel centro storico l’animo viene rapito dai murales, tutti diversi e tutti bellissimi, in un insieme di figure ed immagini che raccontano la Calabria e Diamante, guardando al mare come simbolo di speranza per sé e per chi viene da lontano.

I piedi stanchi non hanno davvero voglia di fermarsi tra le strade di questo borgo, lasciatosi Diamante alle spalle, ci s’imbatte per le stradine di Cirella che insieme alla sua isoletta custodisce ancora le rovine di un antico borgo medievale in altura.

Al tramonto arriverete stanchi ma sazi di vita ed  il modo migliore per finire la giornata è gustarsi una granita di cedro dal salotto di diamante: il vecchio lungomare da cui al calar della sera si vedono i pescherecci salpare verso il mare, guidati dalle luci delle lampare.

Diamante, come la pietra preziosa di cui porta il nome, è un insieme di facce dalle mille sfumature, ma è soprattutto un borgo che ha vinto la sfida più grande: imparare ad amarsi. E forse è per questo che fa innamorare chiunque passi di qui.

Diamante veduta
Diamante lungomare
Panorama diamante
Riviera blu diamante
tramonto a Diamante
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Panorama diamante
Riviera blu diamante
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La storia

Cavalcando le onde dei primi commerci, i Focesi, antico popolo che abitava in Asia Minore, approdò sulle coste italiane, in una tranquilla insenatura, adatta per un attracco sicuro delle navi e situata in un punto che permetteva di poter avere contatti con i Sanniti. Questa caletta è oggi l’attuale Diamante, situata lungo le coste dell’odierna Calabria.

I Romani, dopo le guerre puniche, e a seguito dell’espansione territoriale, iniziarono a navigare sempre di più e, seguendo anche loro le rotte dei traffici commerciali, iniziarono a frequentare sempre più spesso questa cala affacciata sul Tirreno, dove potevano facilmente barattare scaglie di mica con pietre e schegge di diamante; fu per questo che la località prese il nome di ‘Fiume di diamante’. Questo nuovo nome pian piano  iniziò ad estendersi a tutto il territorio che divenne ‘terra di diamante’ ma con il passare del tempo passò ad indicare solo uno specifico centro urbano.

Intorno al ‘Cinquecento il principe Sanseverino ordinò in questa località la costruzione di una postazione difensiva che doveva avere il difficile compito di contrastare le incursioni saracene. A questa vicenda è storicamente legata la nascita di Diamante.

Attorno a questo primo torrione, nei secoli successivi, venne realizzata una più ampia fortificazione del territorio, voluta da Don Tiberio Carafa che dal 1622 era diventato principe dei territori di Belvedere Marittimo e di Diamante.

Quando venne meno la minaccia da parte dei pirati turchi, il nucleo abitativo si spostò dall’entroterra verso la costa e questo favorì l’incremento dei commerci e l’aumento della popolazione, perché in tanti scelsero di trasferirsi a Diamante incantati anche dalla bellezza del paesaggio circostante.

Da questo momento in poi per Diamante si iniziarono a prospettare anni tranquilli, perché il borgo poggiava su una solida economia basata sull’agricoltura e sulla pesca ma anche sulla produzione e commercializzazione del cedro liscio di Diamante, che iniziò ad essere esportato verso Israele e verso gli Stati Uniti d’America dov’era maggiormente richiesto dalle comunità ebraiche, che lo utilizzano ancora oggi per la festa del Sukkot.

Vicino Diamante si trova Cirella, un piccolo borgo che ha dato anche il nome all’isola che gli sta di fronte e che dal 1811 rientrava nel territorio di Majerà. Nel XVIII secolo il sindaco di Diamante chiese di poter indire un referendum per cercare di staccare Cirella e la sua isola dalla borgata di Majerà e ad aggregarla territorialmente al comune di Diamante. A seguito di quest’evento Cirella è diventata frazione di Diamante.

Oggi Diamante è un borgo tranquillo e rilassante, che gode del favore di una distesa d’acqua marina d’incanto e della bontà dei cedri che crescono lungo la riviera.

 

La frazione di Diamante: Cirella

Cirella è la piccola frazione di Diamante che si affaccia su spiagge dorate ed acque cristalline e su una piccola isola che porta il suo stesso nome. Nonostante le piccole dimensioni, questa località vanta una storia antichissima, testimoniata anche dalla presenza di reperti risalenti al Paleolitico superiore, ritrovati nei pressi dello scoglio di San Giovanni.

A Cirella gli Ausoni, antica popolazione italica, fondarono una dello loro prime città. Per la sua fedeltà a Roma nel 203 a.C. questa località è stata distrutta dalla furia dei soldati di Annibale, com’è raccontato da alcuni storici latini, tra cui Strabone.

Nonostante il dolore della devastazione la città riuscì comunque a risorgere e durante gli anni dell’Impero Romano vennero edificati templi ed edifici pubblici, di cui ancora oggi si possono ammirare alcune importanti testimonianze. Nel corso dei secoli è stata più volte distrutta e ricostruita.

Anche l’isolotto di Cirella è un concentrato di storia. Sulla piccola area di quest’isola sono presenti le rovine di antiche fortificazioni costruite per allontanare i saraceni, le testimonianze di Cirella Vecchia che è stata distrutta dai francesi nel 1806, i resti di un antico castello e di una chiesa con campanile in stile romanico. Alle pendici del monte è stata ritrovata un’antica necropoli e il famoso Mausoleo di Cirella, un’imponente tomba di età romana, che nel corso dei secoli ha avuto diverse destinazioni d’uso.

Chiesa dell’Immacolata Concezione

Don Tiberio Carafa, a partire dal 1622 divenne principe di Belvedere Marittimo e di Diamante. Era un uomo timorato di Dio e fervente devoto della Vergine Maria ed in virtù della sua fede cattolica e della sua indole da benefattore decise di finanziare la costruzione di una chiesa a Diamante. Il borgo a quel tempo aveva bisogno di un luogo di culto di grandi dimensioni, perché potesse contenere la popolazione che era in continuo aumento.

Il 23 aprile 1645 venne posta la prima pietra. Al termine della costruzione venne consegnata al popolo una chiesa  intitolata all’Immacolata Concezione, in stile barocco, che includeva anche la Cappella delle anime del purgatorio, di epoca precedente. La cappella inoltre ha fornito un appoggio per la torre campanaria, da oggi conosciuta da tutti come ‘ u campanaru’. Una volta terminata, la chiesa è stata arricchita con statue lignee risalenti al XVII secolo, che furono donate dalle famiglie più importanti di Diamante. Il principe invece si preoccupò di regalare alla cittadinanza e alla chiesa un’imponente statua dell’Immacolata Concezione, alta due metri e realizzata con un solo tronco d’ulivo.

La chiesa nel corso dei secoli ha subito vari rifacimenti e modifiche, in particolare nel XIX secolo sono stati realizzati i restauri che hanno progressivamente cambiato il volto dell’intero edificio.

Chiesa di San Giuseppe

La chiesa di San Giuseppe è un piccolo edificio nel cuore del centro storico di Diamante. Nasce come cappella famigliare ed inizialmente era dedicata al culto di San Nicola. Per lungo tempo è stata abbandonata all’incuria e solo nei primi del ‘Novecento è stato avviato un restauro che si è concluso nel 1949, anno in cui fu acquistata la statua di San Giuseppe, a cui poi venne anche intitolato questo luogo di culto.

Negli anni Sessanta del ‘Novecento questa piccola chiesetta venne impreziosita con due tele: ‘La fuga in Egitto’ che è stata posta sul soffitto ed ‘Il Beato Transito di San Giuseppe fra Gesù e Maria’, situata nell’interno della cupola, entrambe opere di Luigi Maniscalco, un pittore siciliano che ha operato per quasi tutto il XX secolo.

L’ultimo restauro di questa piccola chiesetta risale al 1988, quando furono rifatti in marmo la pavimentazione ed il nuovo altare.

 

Ruderi di Cirella

L’antico centro abitato di Cirella sorgeva sulla cima del promontorio del monte Carpinoso, dove ancora oggi si possono ammirare i ruderi. Il borgo venne edificato in altura nel XI secolo, perché gli abitanti avevano esigenza di rifugiarsi in un luogo che fosse più facile da difendere in caso d’incursioni saracene. Nonostante questo, il centro è stato ugualmente saccheggiato da sette galee  turche, durante il corso dei secoli è caduto in rovina e nel 1808 è stato persino bombardato dalla marina militare, che voleva attaccare un avamposto francese. In seguito a questo triste avvenimento, gli abitanti di Cirella decisero di ritornare ad abitare lungo la costa e trasformarono la città antica in una cava, depredandola di tutti i suoi più importanti manufatti.

Oggi camminare per le rovine di questo borgo è come fermare il tempo. A Cirella si può ancora vedere l’antica torre normanna che affiancava un maniero, dalla chiara funzione difensiva. Lungo i vicoletti si scorge anche la chiesa di San Nicola Magno, risalente al XIV- XV secolo. Un tempo in questo luogo si trova un ciclo di affreschi, oggi in parte conservato nella città nuova, precisamente nella chiesa di Santa Maria de’ Flores. Una chiesetta più piccola era invece dedicata all’Annunziata, ma di questo tempio sono crollate le mura e il soffitto e restano un altare e i banchi dedicati ai fedeli.

Diamante- Città dei Murales

Le storie d’amore tra le persone e i luoghi sono infinite e poco importa se in questi luoghi non si è nati e se non si sono mossi i primi passi.

Una di queste storie di eterno affetto interessa anche Diamante. Nel 1981 giunge in questo borgo della Calabria l’artista genovese Nani Razzetti che ha un’idea tanto originale quanto azzardata e la propone al sindaco che accetta la sfida. Il ‘progetto Murales’ è una delle sfide vinte più belle della storia d’Italia: nel giugno del 1981 giungono a Diamante ottantatre artisti provenienti da tutto il mondo e con pennelli e colori scelgono per tela muri di case e monumenti e realizzano vere e proprie opere d’arte. Tra il 1986 e il 1997 altri murales si aggiungono al progetto e da allora ogni anno un muro diventa una tela d’artista.

Diamante oggi è la città dei visitatori dal naso all’insù ma è anche un borgo che ha portato i propri abitanti ad amare nuovamente la propria ‘casa’, insegnandogli a prendersene cura con passione e dedizione incondizionata.

Avendo raggiunto quota di trecento murales, Diamante è a tutti gli effetti la città più dipinta d’Italia. Sui dipinti si ritrovano sguardi e volti degli abitanti di questa cittadina. I murales raccontano storie di Sud e di quotidianità, uomini affacciati sugli usci di casa ma anche le vicende del passato della Calabria, che si possono ammirare nel suggestivo mosaico-murales che si trova sulla parete esterna della chiesa madre ed è stato realizzato dai coniugi Sposito. Il mare nei murales è simbolo di speranza, per i pescatori che sperano di portare a casa un pescato soddisfacente ma anche per i migranti che alle onde affidano il destino della propria vita. Tanti sono i temi sociali che traspaiono dai colori brillanti dei murales, quello dei migranti, appunto, ma anche come quello del ruolo femminile nella società, raccontato attraverso un excursus storico. Ma i murales di Diamante non sono solo immagini, nel 2009 sotto la guida della professoressa Antonietta dell’Arte, è stato avviato il progetto ‘ Arcobaleno in versi’ che ha portato le parole appese ai muri di Piazza di Maio e via Alfieri. Dieci poeti si sono cimentati in quest’impresa che ha regalato risultati fantastici. Una poesia su tutte riassume  questa bellissima storia: ‘ La bellezza è un desiderio di felicità’.

L’Accademia del Peperoncino

Che la Calabria sia la patria del cibo piccante è risaputo da tutti, ma in pochi sanno che a Diamante è stata istituita addirittura L’Accademia italiana del Peperoncino.

Il genere umano si divide in due grandi categorie: gli amanti del peperoncino e quelli che se ne stanno lontani svariati kilometri, eppure in passato questa spezia giunta dall’America si è guadagnata l’appellativo di ‘droga dei poveri’ perché costava poco ed era irresistibile.

L’Accademia italiana del Peperoncino nasce nel 1994 da un’idea di Enzo Monaco, che dopo aver raccolto alcuni consensi decide di fondare un’associazione non lucrativa, con l’obiettivo di valorizzare il peperoncino. Con il passare degli anni i soci accademici sono diventati migliaia e oggi sono diffusi anche all’estero, inoltre è stato istituito ItaliaPic, un circuito per aziende, ristoranti e negozi che hanno proprietari amanti del peperoncino.

Tra le immancabili cene piccanti, i corsi di cucina e i campionati per i veri mangiatori di peperoncino, l’Accademia Italiana del Peperoncino porta avanti un progetto sperimentale che si concretizza con la nascita del Centro Calabria Capsum. Questo centro in collaborazione con il ministero delle politiche agricole ha avviato un progetto di valorizzazione e classificazione delle varietà di peperoncino italiane e provenienti dall’area del Mediterraneo, inoltre custodisce la più grande collezione di varietà di peperoncini in Italia, visibili durante le tante esposizioni o le manifestazioni a cui partecipa l’accademia.

L’accademia inoltre promuove lo studio e la ricerca sugli usi del peperoncino in ambito farmaceutico e medico, oltre che gastronomico e cosmetico.

La riviera dei cedri e il Cedro liscio di Diamante

Peri ‘etz adar, il frutto dell’albero più bello. Gli ebrei chiamano così il cedro, il frutto più importante delle loro religione. Da Tortora a Cedraro, lungo il litorale calabro – tirreno si trova la riviera dei cedri, dove viene coltivata la quasi totalità della produzione nazionale e dove si trova anche la varietà più pregiata: il Cedro liscio di Diamante.

Si racconta che questa coltivazione sia stata introdotta in Calabria proprio dagli ebrei e che il cedro abbia trovato lungo questa costa l’unico microclima che ne permette la sussistenza, ma non è solo questo. Il cedro è una pianta che teme il freddo e si adatta bene ai climi miti, gli agricoltori con tante attenzioni adottano tecniche e segreti che si tramandano di generazione in generazione,  per tutelare l’integrità delle singole piante.

Ogni anno da aprile a giugno la riviera è un’esplosione di fiori bianchi dalle sfumature violacee e di un profumo forte e delicato allo stesso tempo. Un mix equilibrato e deciso che permette al cedro dopo millenni di essere ancora il frutto sacro e di essere soprattutto il simbolo di un ponte tra culture e religioni diverse. Da giugno ad agosto i rabbini di tutto il mondo si danno appuntamento lungo la riviera per scegliere i cedri migliori adatti a festeggiare il Sukkoth, la festa ebraica delle capanne. Secondo le sacre scritture è stato lo stesso Dio ad indicare a Mosè questo frutto per celebrare la speciale ricorrenza ed ancora oggi ogni anno gli ebrei in ottobre lasciano le proprie case per trasferirsi in capanne allestite per l’occasione nei giardini e sui balconi. Per sette giorni, ad esclusione del sabato, portano nella mano sinistra una palma, due rami di salici e tre di mirto e nella mano destra un cedro. Secondo le sacre scritture i cedri devono essere perfetti, non devono avere la buccia rovinata e non devono provenire da piante innestate, per questo i rabbini giungono sulle coste calabresi e affiancano gli agricoltori nella raccolta. I rabbini scelgono i cedri migliori, ma sono gli agricoltori a raccoglierli perché l’operazione è molto delicata, va fatta in ginocchio per via delle piante basse e piene di spine. Ogni anno questa tradizione porta sulla riviera dei cedri migliaia di curiosi e visitatori. Gran parte delle coltivazioni di cedri sono destinati alla festività ebraica, ma una parte viene anche rivolta ad un uso alimentare e farmaceutico. Questo agrume non può essere consumato fresco, per questo viene sottoposto a specifici processi di trasformazione al fine di fare cedri canditi ma anche liquori, confetture, creme, gelati e sorbetti. Il cedro è anche un antiossidante, un potente antinvecchiamento e favorisce il  benessere fisico, per questo è stato scelto dalla Favo ( Federazione italiana Associazioni di Volontariato oncologico) come simbolo della giornata del malato oncologico.

Nuccio Ordine

Nuccio Ordine è nato a Diamante il 18 luglio 1958.

È docente di letteratura italiana all’Università della Calabria ma ha insegnato anche presso importanti università estere, tra cui l’Università di Yale, la Sorbona di Parigi, la Scuola Normale di Parigi.

È un letterato e accademico italiano, collabora con il Corriere della Sera ed è autore di numerose opere che sono state tradotte in cinese, giapponese e russo.

Nani Razetti

Nani Razetti è nato a Genova nel 1924. Ha studiato a Napoli e ha subito il fascino della scuola pittorica siciliana di Guttuso, ponendo nelle sue opere una particolare attenzione per la ricerca di “una forma figurativa molto personale che si evidenzia tra l’immagine della mente ed il reale.”

Nel 1981 insieme all’allora sindaco di Diamante, Evasio Pascale, avvia il progetto murales, che porta in questo borgo calabro circa ottantatre artisti da tutto il mondo.

I murales di Diamante riescono a rendere unico questo borgo ancora oggi e a Nani Razetti si deve riconoscere il merito di aver dato nuova luce al centro storico.

Nonostante sia venuto a mancare nel 2013, il nome di Nani Razetti viene ancora oggi ricordato con affetto sincero a Diamante e in tutta la Calabria.

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La cucina di Diamante è ricca di profumi intensi, perché basa i suoi piatti principali su tre ingredienti: il pesce fresco, di cui è ricco il suo mare, il peperoncino ed il cedro.

Cernia alla diamantese

La ‘Cernia alla diamantese’ è un secondo di pesce ed è sicuramente il piatto più conosciuto e apprezzato di Diamante.

Ingredienti:

  • una cernia da un chilo e mezzo;
  • 100 gr di olio extravergine di oliva;
  • 250 gr di vino bianco secco;
  • 100 gr di olive nere denocciolate;
  • 50 gr di capperi senza sale;
  • 200 gr di filetti di pomodoro;
  • 2 foglie d’alloro;
  • 2 spicchi d’aglio;
  • Prezzemolo tritato;
  • Sale e pepe q.b.

Procedimento:

Pulire, sventrare la cernia e lasciarla sgocciolare per una mezzora. Trascorso questo tempo, la cernia deve essere asciugata con un canovaccio, condita con sale e pepe e disposta in una teglia dai bordi alti. Fatto ciò vanno aggiunti pomodori, aglio ed olive tagliati a pezzi, capperi e foglie d’alloro, olio e vino bianco, e si inforna a 180° per mezzora circa.

Quando la cernia sarà pronta deve essere disposta in un piatto da portata, facendo attenzione a non farla scomporre. Nello stesso piatto si versa il sughetto di cottura e si aggiunge il prezzemolo tritato.

Liquore al Cedro

Il liquore al cedro è il più antico e il più consumato dei digestivi calabresi, farlo a casa è veramente facile ma per chi non ha tempo e comunque non vuole rinunciare a questa delizia, lo può acquistare in una dei tanti negozietti che si trovano sulla riviera.

Ingredienti:

-quattro cedri medi non tagliati;

– 1 litro di alcool 90°;

– 1 litro di acqua;

– 500 gr di zucchero.

Procedimento:

Pulire i cedri e tagliare la buccia a listarelle, avendo cura di eliminare la parte bianca che è particolarmente amara. Riempire un recipiente di vetro richiudibile con l’alcool e mettere a macerare per una settimana i cedri tagliati. L’importante è mantenere i cedri lontano dalle fonti di calore e metterli in un luogo fresco e asciutto.

Trascorsa una settimana si prende un litro di acqua tiepida e si scioglie lo zucchero, dopo aver fatto questo si unisce lo sciropp all’alcool dei cedri, precedentemente filtrato. Agitare con forza e lasciare riposare per cinque giorni, infine versarlo  in una bottiglia e tenetelo in un luogo fresco.

La temperatura ideale per servire questo liquore è di 4° ma si può offrire anche ghiacciato.

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