Il Borgo di Montalbano Jonico

Montalbano Jonico è un petalo di città disteso sui solchi profondi e grigi dei calanchi. Poco più in là, in lontananza, s’intravedono le acque dello Jonio che lambiscono questa terra e giocano a rincorrere i pini e gli arbusti di macchia mediterranea. Le mura normanne cingevano Montalbano, preservando il carattere acceso di un borgo in cui la cultura s’intreccia con la storia millenaria, portandosi dietro tradizioni e sapori intensi. Oggi, quest’antica struttura difensiva segna l’inizio di un dedalo di viuzze su cui si affacciano chiese del ‘Quattrocento e palazzi gentilizi, dimore di donne e uomini che hanno fatto la storia d’Italia.

Intorno alla città, la Riserva dei Calanchi segue antichi sentieri, mulattiere e vie della transumanza che conducono verso il mare e si spingono oltre, fino ai maestosi monti del Massiccio del Pollino. Passano per la valle attraversata dai fiumi Agri e Cavone, passa vicino all’Archeoparco, sale su per il Belvedere e ritorna indietro per contrada Terra Vecchia, in cui brilla l’unica Domus Federiciana della regione.

In questo borgo sospeso tra il cielo, la terra e il mare, la felicità è a portata di mano.

Montalbano Jonico vista
Calanchi Montalbano Jonico
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La storia

Alcuni ritrovamenti storici rinvenuti a Montalbano Jonico hanno testimoniato la presenza dell’uomo nella zona fin dall’Età del Ferro. Ufficialmente però la nascita del borgo è datata intorno al 280 a.C, quando Pirro giunse sul suolo italiano e sconfisse i romani a Heraclea.

La storia di Montalbano Jonico s’interseca con la Magna Grecia e con la cultura ellenica. Durante l’ascesa dei romani questo borgo ha potuto beneficiare di una posizione privilegiata, essendo un punto di passaggio lungo le antiche vie della transumanza. Con la caduta dell’Impero Romano Montalbano Jonico ha seguito le sorti che hanno accomunato il meridione d’Italia: è stata dominata dai bizantini, dai normanni, dai francesi e dagli spagnoli.

Durante il medioevo, con l’avvento della feudalità, Montalbano è stata governata da diverse famiglie nobili.

Nel 1555 questo piccolo borgo è stato saccheggiato dai turchi che non si fermarono neanche davanti alla fortificazione costruita dagli Aragonesi e ai calanchi che proteggevano naturalmente la zona. Attraversato questo brutto periodo Montalbano ripartì ricostruendo e rinvigorendo le proprie mura.

Nel 1799 il popolo di Montalbano Jonico si schierò apertamente contro il potere dei Borboni, avviando un vero e proprio movimento contro i sovrani, capeggiato da Francesco Lomonaco, a cui Manzoni dedico un sonetto: A Francesco Lomonaco (1802).

Con l’Unità d’Italia a Montalbano venne aggiunto il suffisso Jonico, per distinguerlo da altri comuni omonimi.

Nella seconda metà del ‘Novecento il territorio di Montalbano Jonico ha subito un drastico ridimensionamento a causa dell’autonomia che riuscirono ad ottenere le sue due frazioni: Policoro e Scanzano Jonico.

Oggi è un comune piccolo ma molto attivo, gode del favore di una terra fertile che gli ha consentito uno sviluppo notevole in campo agricolo. Da qualche anno Montalbano Jonico ha iniziato a godere anche dei benefici di un turismo paesaggistico, grazie allo stupendo paesaggio che lo circonda e alle temperature miti, tipiche di un paese di collina.

Riserva Regionale dei Calanchi di Montalbano Jonico

I solchi profondi dei Calanchi scendono fino a valle, arrivano a toccare le sponde del fiume Agri e ad abbracciare i boschi di pini e macchia mediterranea, inebriandosi del loro profumo. I calanchi regalano spettacoli suggestivi e poetici, unici al mondo.

I Calanchi sono fenomeni di erosione del terreno argilloso; si creano soprattutto grazie al lavoro certosino delle piogge e dei venti. La riserva calanchiva che circonda Montalbano Jonico è la più grande dell’intera regione ed è il risultato di un percorso durato più di un millennio. Per questo e per tutelare l’inestimabile valore paesaggistico e culturale della zona, la regione Basilicata nel 2011 ha istituito la “Riserva Regionale dei Calanchi di Montalbano Jonico.”

Gli studi archeologici effettuati in quest’area hanno permesso di analizzare l’andamento geomorfologico del territorio, giungendo a rintracciare testimonianze storiche risalenti al Pleistocene inferiore medio. I Calanchi, nonostante diano l’impressione di un ambiente arido e secco, sono stati l’abitat ideale per la creazione di un ecosistema, in cui vivono in perfetto equilibrio una flora che annovera specie di particolare rarità ed  una fauna ricca e variegata. In particolare quest’area è un luogo adatto per la sosta e la riproduzione di alcune specie di uccello.

La riserva è un luogo che nasconde meraviglie inaspettate, come il geosito di Tempa Petrolla, uno sperone roccioso che si erge in solitudine, circondato da una distesa di finissima argilla.

La Riserva di Montalbano Jonico è il luogo ideale per gli amanti del trekking, sempre in cerca di atmosfere uniche da regalarsi. Lungo i calanchi si possono seguire le mulattiere, dette “appiett” che s’innestano con le vie della transumanza e collegano il centro abitato con i “giardini di Montalbano” a ridosso delle sponde dell’Agri. L’avvento della tecnologia e dei mezzi a motore ha causato l’abbandono delle mulattiere, che nonostante tutto ancora oggi regalano panorami unici. Lungo questi sentieri si attraversa tutto il piccolo mondo della Basilicata: i calanchi, le rive del Mar Ionio, le maestose montagne del Pollino.

Archeoparco di Andriace

La storia antica di Montalbano Jonico è strettamente legata alla Magna Grecia e ad un gruppo di coloni ellenici che si trasferirono in questa zona, precisamente in contrada Andriace, oggi divisa a metà tra Montalbano e Scanzano Jonico.

La vicinanza alle fonti d’acque del fiume Cavone e la terra fertile e argillosa favorì la nascita e lo sviluppo di un centro urbano ben strutturato. Purtroppo le necessità della vita quotidiana portarono i coloni a modificare sensibilmente l’ambiente circostante, mettendo in atto un’opera di disboscamento e canalizzazione delle acque. Le numerose fattorie diffuse sul territorio sono oggi l’esempio di quanto fosse importante l’agricoltura a quel tempo.

Da questo punto di partenza l’associazione Archeoclub d’Italia “Siritide” ha avviato un progetto che ha preso il nome di Archeoparco di Andriace.

L’Archeoparco è nato ufficialmente nel 2007 e comprendeva un territorio di circa nove ettari che è stato ampliato con il tempo. L’obiettivo principale di questo progetto è quello di mettere l’archeologia a stretto contatto con le persone, attraverso ricostruzioni storiche, utilizzo di tecnologie preistoriche ed un approccio improntato al “fare per imparare”.

Nel 2013, nonostante le difficoltà e la mancanza di fondi, è stato inaugurato  il più grande impianto di archeologia sperimentale open air.

L’archeoparco è diviso in varie sezioni, le più caratteristiche sono sicuramente quelle che ricostruiscono la vita di popolazioni esistite alcuni millenni fa. Camminando per il parco ci si imbatte in un villaggio neolitico ambientato in un arco di tempo che va tra il V e il III millennio a.C. Il fulcro di questo angolo di parco sono due capanne in paglia e tutti gli strumenti necessari per le attività principali degli uomini preistorici: un pozzo, un ovile, utensili per la coltivazione dei campi. Infine una torretta d’avvistamento, che insieme ad un fossato che circondava la zona, serviva a proteggere il villaggio.

La storia di Montalbano Jonico, come sappiamo, è legata alla venuta di Pirro in Italia. Nel 280 a.C, anno in cui questo borgo venne fondato, a Heraclea Pirro e la sua coalizione sconfissero l’esercito romano. È per questo che, facendo un salto temporale, il parco accoglie la Castra Aestiva, ossia l’accampamento che nel IV ospitò la IV legio della Repubblica Romana guidata dal generale Publio Valerio Levinio, che si scontrò proprio contro Pirro.

Poco distante si trova un’Ikria, una costruzione in legno che veniva utilizzata per la visione di spettacoli ed esibizioni pubbliche.

L’Archeoparco di Montalbano Jonico non è solo ricostruzioni, infatti l’intento dell’associazione fondatrice è quella di far conoscere l’archeologia a grandi e bambini passando attraverso l’aspetto concreto della storia. Il parco ha al suo interno due aree adibite a laboratori. Il primo è un laboratorio archeologico sul campo, dove l’ospite lavora concretamente alla realizzazione di quattro tombe differenti per epoca e tipo. Il secondo è un laboratorio ludico dedicato ai più piccoli.

Il grande merito dell’associazione Archeoclub d’Italia è quello di riuscire, non senza difficoltà, a far innamorare tutti dell’archeologia e della preistoria.

Nicola Romeo e la sua Alfa

La storia di Nicola Romeo è un favola moderna che ha un po’ il sapore del Verismo letterario, delle novelle di Verga con spunti di Charles Dickens. Nicola Romeo nacque nel 1876 in un paesino vicino Napoli da genitori lucani, residenti a Montalbano Jonico. La sua famiglia era di origini umili e povere ma questo non fermò la voglia di conoscenza del giovane Nicola che ogni giorno partiva a piedi per dirigersi a Napoli a studiare presso l’Istituto Tecnico. Sempre nel capoluogo campano, a soli ventitre anni, conseguì la laurea in ingegneria presso la Scuola di Applicazioni e subito dopo partì alla volta del Belgio, per approfondire i suoi studi. Per lo stesso motivo approdò prima in Francia e poi in Germania, due paesi che al tempo erano all’avanguardia nel campo delle ferrovie e dell’impiantistica elettrica.

Ritornato in patria si mise a cercare lavoro, ma gli venne offerto solo un posto da capostazione a Tivoli e rifiutò. Mentre con caparbietà continuava a fare colloqui e a cercare un’occupazione, su un treno conobbe uno dei dirigenti della Robert Blackwell&Co. L’azienda inglese aveva intenzione di aprire una filiale in Italia e Nicola Romeo fu quello che il marketing moderno definisce “l’uomo giusto al momento giusto”. Per molti anni Romeo fu il capo settore della filiale italiana dell’azienda, un ruolo che gli permise di acquisire un bagaglio di competenze ed esperienze sufficienti a permettergli d’imbarcarsi verso l’autonomia.

Nel 1906, con il supporto di alcuni soci, aprì la sua prima azienda: “Ing. Nicola Romeo & C.” che si occupava di commerciare materiali rotabili per un’impresa inglese e materiale per l’aria compressa per una ditta americana.

Nel 1911 Nicola Romeo fondò la sua seconda azienda, specializzata nella produzione di macchinari per l’estrazione di materiali fossili.

Nel 1909 un gruppo d’investitori acquisì una società italiana di automobili e le diede il nome di “Anonima Lombarda Fabbrica Automobili”, nacque così la primigenia A.L.F.A. Che nel 1918, in seguito all’acquisto da parte dell’imprenditore lucano, divenne Alfa Romeo.

Fino agli anni Cinquanta l’Alfa Romeo attraversò un periodo di rodaggio che la portarono ad avere numerose crisi finanziarie. Solo con la seconda metà del ‘Novecento e con l’inizio del boom economico l’azienda iniziò a stabilizzarsi nella produzione di autovetture ma un nuovo periodo buio era alle porte e nel 1986 l’azienda venne acquisita dalla famiglia Agnelli e dal gruppo Fiat.

Negli anni Novanta, sul finire del secolo, l’Alfa Romeo ebbe finalmente il suo momento di riscatto e iniziò il decollo che l’ha portata a raggiungere alti livelli di prestigio e fama.

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La Cialledda.

I sapori della tavola lucana profumono di genuinità e terra, sanno delle mani callose dei contadini e di chiacchiere tra madri e figlie davanti allo sfrigolare delle padelle e dell’olio.

A Montalbano Jonico il piatto tipico per eccellenza è la Cialledda, diffusa anche in altri borghi materani.

La Cialledda è una zuppa composta da pochi ingredienti: cipolla, pomodorini, uova, sale, olio ed acqua.

Per prima cosa si versa l’olio in padella e lo si fa riscaldare, una volta pronto si versa la cipolla fresca, tagliata a julienne e la si lascia soffriggere. Terminato questo procedimento si aggiungono i pomodorini e quando sono cotti si aggiunge sale ed acqua che dovrà essere portata ad ebollizione. A questo punto si aggiungeranno tante uova quante sono le persone che dovranno mangiare. Una volta cotto anche l’uovo, la zuppa è pronta per essere versata in un piatto in cui precedentemente è stato disposto del pane raffermo.

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