Il Borgo di Matera

Matera ha una scorza dura e un interno morbido, friabile, come il suo pane. Come lui ha un buon profumo, è il profumo della genuinità ma soprattutto della dignità, quella che non è mai mancata alla gente di Matera. Questo è un luogo che ha conosciuto la povertà assoluta, ha saputo cosa significa poter contare solo su se stessi, avere solo le pietre, i Sassi, e saper vivere comunque.

I viaggiatori più esperti arrivati a Matera dovranno abbandonare tutte le loro conoscenze, non ci sono luoghi e non ci sono borghi che possano mai somigliare a questo. La roccia unisce il paesaggio brullo della Murgia, la città e i suoi Sassi, la cattedrale e le chiese rupestri, luoghi di culto ma anche di ricovero in tempo di bisogno. Il tenue colore ocra del tufo domina il centro storico di Matera, la città è interamente costruita con questo materiale che oggi disegna ombre morbide anche sotto il sole cocente.

Sotto le case, sotto le piazze, sotto i palazzi c’è l’altra anima della città, scavata e modellata con sapienza. Qui si trovano le grotte e le cisterne, esempi d’alta ingegneria realizzati dal popolo.

Matera è una città che si conosce pian piano, che si svela con cautela. È un luogo dalle mille risorse. Troppo facile paragonarla ad un’araba fenice, Matera è di più, molto di più. Non ci sono ancora parole che possano raccontarla veramente.

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La storia

Matera è considerata la terza città più antica al mondo, da circa diecimila anni a Matera il flusso della vita non si è mai interrotto. La città si è sviluppata sulla Gravina di Matera, una roccia carsica sul cui altopiano si sono formati i villaggi preistorici di Murgia Timone e Murgecchia. Erano tempi in cui gli uomini abitavano le caverne e solo in seguito è iniziata la costruzione del centro abitato fuori terra. Il primo nucleo, detto Civita, si trovava al centro di quello che oggi è conosciuto come Rione Sassi.

La città non ha mai smesso di essere in simbiosi con la roccia, neanche quando nel periodo romano a protezione della civitas è stata costruita una cinta muraria, al di sotto della quale si trovavano massi rocciosi e caverne. Qui in seguito sono stati fondati due casali rurali che con il passare del tempo sono stati unificati alla civitas e che oggi sono i quartieri di Sasso Caveoso e Sasso Barisano.

Mentre la città costruita cresceva sempre di più, anche la città scavata sotto terra si ampliava. Nel corso dei secoli le grotte hanno cambiato più volte destinazione d’uso. Per un lungo periodo nell’antichità sono state abbandonate, salvo poi tornare ad essere utilizzate con l’arrivo degli ordini monastici greco- bizantini. Quest’ultimi portarono in città la cultura di vivere nelle grotte che si assemblò molto bene con una popolazione particolarmente abile nello scavare la roccia tufacea. In questo periodo si svilupparono chiese, cappelle, conventi e basiliche ipogee e molte altre grotte vennero usate come cantine e deposito, ma mai come abitazione.

Il periodo d’oro di Matera è iniziato nel 1663, quando la città è passata dalla Terra d’Otranto alla Basilicata, diventandone capoluogo. Sono anni in cui Matera viene arricchita di chiese barocche, monumenti ed edifici civili e religiosi, che le donano particolare splendore.

Gli anni felici però sono destinati a finire e il punto viene messo nel 1806, quando a Matera viene tolto il suo ruolo amministrativo e politico per essere affidato alla città di Potenza. Da questo momento fino al 1952 Matera cade in una profonda crisi economica e sociale, accentuata da gravi problemi in agricoltura. Le grotte che fino a quel momento erano state utilizzate solo come deposito, finiscono per diventare case e per essere adibite persino al ricovero degli animali. Le abitazioni costruite vengono smembrate e ogni stanza diventa una casa a sé stante. Così Matera in questo periodo diventa “la vergogna d’Italia”.

A risollevare la situazione nel 1952 è Alcide De Gasperi che s’impegna per la promulgazione di leggi speciali sui sassi; leggi caratterizzate dalla progettazione di un piano organico regolare e dalla costruzione di nuovi rioni cittadini. A quel tempo Matera contava circa trentamila abitanti, che dal 1952 al 1968 vennero interamente trasferiti in nuove abitazioni. In cambio delle nuove case lo stato ha acquisito il 70% dei sassi materani, che ancora oggi sono di proprietà demaniale.

Nel 1993 i Sassi di Matera sono stati il primo monumento del Sud Italia ad essere riconosciuti come Patrimonio Mondiale dell’Unesco, molti nel corso degli anni sono stati oggetto d’importanti lavori di restauro.

Nonostante il recupero dei Sassi, Matera e la Basilicata per anni sono state dimenticate dall’Italia, considerate un territorio che non c’era e non esisteva. Il processo che ha portato alla rivalsa di Matera è stato lento ma proficuo ed è culminato con l’elezione a capitale europea della cultura 2019, battendo città d’indiscussa bellezza come Lecce e Ravenna.

Visitare i Sassi di Matera, punto d’inizio

Matera non è un borgo convenzionale. Bisogna partire da questo presupposto prima di iniziare a raccontare la città, che come la più bella delle meraviglie chiede che le si dedichi del tempo.

Iniziamo da qui: Cosa sono i Sassi di Matera? I sassi di Matera sono luoghi scavati nella roccia, utilizzati prima come deposito e successivamente come abitazioni e stalle. Quello che prima era l’agglomerato urbano oggi è il centro storico, disposto su tre rioni molto differenti tra loro. A nord della città si trova il Sasso Barisano, a sud il Sasso Caveoso e a dividerli al centro il rione Civita e la sua collina.

Il Sasso Caveoso è quasi per intero scavato nella roccia ed è stato abbandonato negli anni Cinquanta del ‘Novecento, con l’avvio delle leggi speciali sui Sassi. Questo ha permesso a questo rione di conservarsi perfettamente e di giungere a noi intatto. Nel Sasso Caveoso si trova la sua omonima piazza, su cui si affaccia la chiesa di San Pietro Caveoso, quest’angolo di Matera brulica di vita, soprattutto in estate quando la piazza diventa palcoscenico per artisti e musicisti.

Il Sasso Barisano è quasi interamente costruito ed è stato ristrutturato. Il suo nome si deve forse ai nomi di quartieri di Bari e Altamura, che come questo rione, si trovano a nord della città oppure si deve ad un patrizio romano, tale Varisius.

Sasso Barisano  è il rione dei ristorantini e delle attrattive turistiche, come il Museo della Civiltà Contadina e la riproduzione in miniatura dei Sassi.

A dividere questi quartieri c’è la collina della Civita, il più piccolo tra i quartieri ma senza dubbio il più affascinante. Qui si trova la Cattedrale e da qui si può godere di una vista unica sui Sassi, che appaiono diversi a seconda del punto da cui si guardano.

Casa Grotta di Vico Solitario

Per comprendere ancora meglio la realtà di Matera è necessario addentrarsi e girovagare tra i Sassi. Così inevitabilmente si giunge alla Casa Grotta di Vico Solitario, un luogo che restituisce fedelmente la situazione abitativa di Matera prima degli anni Cinquanta.

La casa grotta di Vico Solitario è stata abbandonata dai suoi proprietari nel 1956 e il suo ingresso è stato murato, così come quello delle altre abitazioni di questo vico.

La casa grotta è arricchita da un prospetto costruito, una grande cavità rocciosa che costituisce un arco d’ingresso. Questo piccolo particolare ha posto la casa all’attenzione del sig. Enrico Arnecchino che si è prontamente attivato per riaprire il varco. Una volta tolta la muratura la sorpresa è stata enorme, perché la casa era esattamente come se fosse ancora abitata.

L’ambiente interno è in parte scavato e in parte costruito e gli elementi d’arredo determinano lo spazio, dividendolo. La cucina è accostata al focolare e al centro si trova un grande tavolo, con un piatto a cui tutti attingevano per nutrirsi.

Il letto è realizzato con due cavalletti su cui sono state stese delle travi di legno, il materasso invece è imbottito con foglie di gran turco. Di fronte a letto si trovava la stalla del mulo e in fondo a questa un’altra stalla con l’abbeveratoio, il letamaio e una porzione di muro da cui si ricavano i blocchi di tufo.

La casa grotta è oggi un museo, visitarla è particolarmente importante per capire come vivevano le persone di  Matera ma anche per rendere merito alle capacità dei materani, non solo ingegneristiche ma anche idrauliche. Matera si trova in una zona scarsamente piovosa e da tempi immemori per il popolo è stato necessario attrezzarsi e trovare una soluzione per la canalizzazione dell’acqua piovane, che in parte si può vedere nella casa grotta.

Cattedrale della Madonna della Bruna e di Sant’Eustachio

La cattedrale s’innalza maestosa sul centro storico di Matera, guardando verso il Sasso Barisano. Con il suo profilo a capanna e uno stile romanico pugliese, mantiene nel prospetto esterno linee architettoniche e un profilo sobrio e semplice.

Al centro della facciata, in alto, spicca un grande rosone a sedici raggi, realizzato nel 1270. Il rosone ricorda lo stile medievale e il teocentrismo che imperava all’epoca. Tre figure poste in basso e ai lati la sorreggono a voler simboleggiare la ruota della vita. In alto invece si trova il bassorilievo che raffigura San Michele.

In basso si trovano dodici archi, affiancati da dodici colonne laterali e con quattro altre colonne sovrapposte a simboleggiare i dodici apostoli e i quattro evangelisti.

Sul prospetto che guarda alla faccia si trova la Porta della Piazza e la Porta dei Leoni. Quest’ultima è chiamata così perché ai lati della porta, in basso, si trovano due leoni rappresentati nell’atto di sbranare due uomini. Nell’iconografia medievale quest’immagine rappresenta la forza distruttiva di satana.

Alle spalle della chiesa si erge il campanile, alto poco più di cinquanta metri. È un campanile a base quadrata, diviso in quattro piani e terminanti con una piramide e con una croce, aggiunta intorno al ‘Settecento.

L’aspetto lineare del prospetto esterno entra in contrasto con gli ambienti interni, caratterizzati da uno stile barocco e da una ricchezza di decori.

L’interno è a croce latina, con tre navate divise da colonne su cui spiccano capitelli in pietra lavorati a mano.

Nella navata di sinistra si trovano le reliquie di San Giovanni da Matera e alcune cappelle con nicchie che anticipano il presepe di Altobello Persio.  Nella parte alta del presbiterio si trova l’organo composto da tremila canne.

Nella navata di destra si trova un affresco gigante che rappresenta il Giudizio Universale, stupefacente per i colori vivi e le dimensioni, commissionato a Rinaldo da Taranto e realizzato nel XIV secolo. In basso si trova il dipinto Teoria dei Santi, realizzato in seguito.

Sotto la chiesa si trovano i sotterranei che in passato erano il fulcro della vita religiosa di Matera, qui è conservata la chiesa di Sant’Eustachio, patrono della città.

Cripta del Peccato Originale

La quantità di dipinti e soprattutto la loro bellezza consentono di poter dire che la Cripta del Peccato Originale è una delle chiese rupestri più suggestive e più importanti d’Italia.

La cripta era un luogo di culto benedettino in epoca longobarda ed è ricoperta di affreschi realizzati tra l’VIII e il IX secolo da un artista conosciuto come “il pittore dei fiori di Matera”

I dipinti sono variegati ma richiamano tutti un’iconografia tipica dell’arte benedettina, sviluppatasi soprattutto nel territorio di Benevento. Nella navata di sinistra si trovano tre nicchie dove sono stati raffigurati gli apostoli, la Vergine Regina e gli Arcangeli, sulla parete di fondo invece sono stati raffigurati alcuni episodi della Creazione del Mondo e del Peccato Originale.

La Cripta del Peccato Originale è stata scoperta l’1 maggio 1963 ma per lungo tempo è stata abbandonata allo scorrere del tempo, senza sapere bene cosa fare per tutelarla. Solo nel 2001 grazie alla Fondazione Zetema di Matera e alla collaborazione dell’Istituto Centrale per il Restauro sono stati avviati i lavori di recupero della cripta.

Grazie al rigore scientifico, all’attenzione dimostrata e alle nuove tecnologie la Cripta è stata ripulita dal muschio e dai batteri che coprivano i dipinti, è stata monitorata e restaurata per evitare che l’umidità la danneggi nuovamente ed è stata restituita alla sua originaria bellezza.

Chiese e cripte rupestri

La roccia tufacea, facilmente lavorabile, ha favorito lo scavo di luoghi di culto rupestri, parliamo di chiese e cripte appartenenti ad ordini monastici, parrocchie e istituzioni civili.

Le chiese rupestri a Matera e nel territorio circostante sono più di centocinquanta, scavate tra l’alto medioevo e il XIX secolo.

Raccontare tutti questi piccoli templi sarebbe un’impresa titanica, per questo è necessario soffermarsi solo su alcune chiese ipogee degne di nota.

La chiesa della Madonna delle Virtù e la cripta di San Nicola dei Greci si trovano nel cuore del Sasso Barisano, lungo la sua via principale. Sono state scavate intorno all’anno Mille, su due livelli. Al livello superiore si trova la chiesa della Madonna della Virtù, anche questa scavata interamente nella roccia ma realizzata con un impianto basilicale e in stile romanico. La cripta sottostante è chiaramente di stampo bizantino, con affreschi di pregio come quello che raffigura la Crocifissione e il trittico di San Nicola, Santa Barbara e San Pantaleone.  La chiesa e la cripta sono state restaurate di recente.

Santa Maria de Idris è la chiesa rupestre della Madonna delle acque, conosciuta anche come Madonna Odigitria che nella tradizione greca è la guida della vita. Una scalinata ripida conduce agli ambienti ipogei, caratterizzati da affreschi realizzati tra il XV e il XVI secolo e ad un dipinto settecentesco che raffigura la Madonna con il Bambino.  Questa chiesa si trova su uno sperone roccioso del Sasso Caveoso, dalla sua posizione in altura si può godere del panorama sui Sassi e sull’altopiano.

All’interno del Sasso Caveoso si trova anche la chiesa di Santa Lucia delle Malve, chiamata così per lo storico rione in cui è si trova. Questa chiesa è stata la sede del primo insediamento monastico femminile di Matera, instituito nel IX secolo.

La chiesa si riconosce per un decoro della facciata, in cui sono stati rappresentati tre calici con gli occhi di Santa Lucia, protettrice della vista. All’interno si trovano diversi cicli di affreschi che hanno datazione differente, i più antichi risalgono al ‘Duecento. Questo dimostra una frequentazione assidua e continua di questo luogo di culto. Sopra la chiesa si trova una necropoli utilizzata tra l’VIII e il XI secolo e conosciuta anche come il “cimitero barbarico”.

Tra le chiese rupestri la più grande è la chiesa di San Pietro Barisano. Questa chiesa è stata più volte rimaneggiata, il nucleo originale risale al XII secolo ma la facciata e alcune parti successive sono state realizzate nel XVIII secolo. È un luogo di culto particolare, qui infatti si trova la fossa per la colatura delle campane e i sotterranei venivano utilizzati per lo scolamento dei cadaveri.

Ancora frequentata è la chiesa rupestre della Madonna delle Vergini, nell’agro di Matera. La chiesa si trova in un luogo incantevole, ricco di vegetazione e natura. Al suo interno si trovano alcuni altari in pietra dipinta e un’acquasantiera scavata nella roccia.

Matera sotterranea

Matera è una città nella città, scavata sempre più giù, quasi fino a raggiungere le viscere della Terra.

Matera sotterranea è ricco di ambienti variegati, luoghi di culto ma anche ambienti di servizio. Il complesso più grande è quello di Materasum, un ipogeo di 1200 mq che si lega strettamente al nome dei Malvezzi, ricca e potente famiglia di commercianti e imprenditori locali. Ad un certo punto questi Signori hanno compreso che per far viaggiare più velocemente le merci verso il nord della Puglia era necessario creare un magazzino al di fuori dei Sassi, dove un tempo era estrema periferia ed oggi è pieno centro storico. Materasum è composto dai grandi magazzini Malvezzi ma anche da un insieme di altri luoghi, come chiese, strade e mercati che di fatto costituiscono una città sotterranea. La storia però ci insegna che gli uomini s’insediavano più facilmente vicino ai corsi d’acqua, perché quest’ultima era un elemento di primaria importanza per la propria sussistenza. Questo ovviamente vale anche per Matera, gli uomini qui fin dalla notte dei tempi si sono ingegnati per creare un sistema di raccolta dell’acqua piovana e di canalizzazione idrica, in questo progetto rientra il Palombaro lungo. Il Palombaro lungo è stato scoperto da Enzo Viti agli inizi degli anni Novanta del ‘Novecento. Enzo Viti è uno studioso e un ingegnere che si stava occupando di studiare il sistema idrico di Matera al fine di ottimizzarlo ancora di più. Quando venne calato nel buio del Palombaro Lungo si rese immediatamente conto di trovarsi in un luogo completamente diverso rispetto a quelli in cui era stato prima. Il Palombaro lungo infatti è un enorme cisterna, situata sotto Piazza Vittorio Veneto, resa impermeabile da uno strato particolare di intonaco. È il tassello più grande di un sistema composto da piccole cisterne collegate tra loro, che sono state fondamentali per lo sviluppo di Matera e per l’approvvigionamento idrico dei Sassi. Vicino al Palombaro lungo si trova la chiesa rupestre di Santo Spirito, scavata tra l’VIII e il IX secolo. Questo luogo di culto è appartenuto prima ai monaci Benedettini, in seguito ai Cavalieri Gerosolimitani di Malta e poi per lungo tempo è caduto in disuso. Nel XVII secolo il Commendatore Zurla ha avviato i lavori di ampliamento e recupero della chiesa, che si sono concretizzati nella costruzione di nuovi altari e di un campanile, che l’ha resa visibile per tutto il Sasso Barisano, Si racconta che in questa chiesa sia apparsa la Madonna, per questo poi è stato scelto di intitolare questo luogo di culto al Santo Spirito Mater Domini. In seguito con la costruzione dei nuovi palazzi, si è scelto di costruire una chiesa anche a piano, con la stessa intitolazione.

Fa parte del complesso di Matera sotterranea anche Casa Cava, un teatro è un centro congressi interamente scavato nella roccia del Sasso Barisano. In origine questo luogo era una cava a pozzo, aperta ed utilizzato quando l’incremento demografico di Matera ha richiesto nuovo materiale per la costruzione di case. In seguito la sua destinazione d’uso è cambiata, gli ambienti dell’ingresso sono stati utilizzati come una piccola casa a corte e la cava invece è stata una discarica.

Oggi, grazie a studi attenti, questi ambienti sono stati interamente recuperati e messi a disposizione delle persone di Matera e dei suoi visitatori.

Musma – Museo della scultura contemporanea

In una delle città più antiche al mondo si trova il Musma, una porta aperta verso i linguaggi e la cultura contemporanea. Il Musma è il Museo della scultura contemporanea e non solo perché la collezione d’opere custodite dal museo spazia dalle sculture alla ceramica, dalle opere d’arte orafa ai disegni, alle grafiche e ai libri d’artista, realizzate tra l’Ottocento e i giorni nostri.

Questo museo è collocato oggi a Palazzo Pomarici, un edificio del XVI secolo conosciuto come “il palazzo delle cento stanze”. Il museo è tra i più importanti in Italia, non solo perché occupa un ambiente così vasto ma perché le collezioni sono anche collocate nei sotterranei dell’edificio, dove si compie una delle più belle fusioni artistiche: quella tra la roccia modellata delle sculture e tra la roccia scavata degli ipogei materani.

Il Musma nasce con l’idea di offrire un luogo stabile per ospitare l’arte contemporanea, una scuola d’educazione dei nostri tempi, che abitiamo senza conoscere fino in fondo.

Decisamente una scommessa vinta.

Parco della Murgia Materana

Matera è un punto luce in un paesaggio unico, caratterizzato da aride rocce e verdeggiante macchia mediterranea. Nel mezzo un torrente che incrocia il suo scrosciare con il canto dell’usignolo di fiume e dello scricciolo, nascosti tra i canneti e i salici.

Siamo nel mezzo del Parco della Murgia, su cui si affaccia la città di Matera. Il parco si estende per una superficie di circa ottomila ettari. È un ambiente singolare, dominato dalle rocce carsiche che i venti e la pioggia hanno trasformato in rupi e grotte. Qui hanno dimorato uomini fin dalla preistoria.

Il parco possiede pressappoco un sesto della flora nazionale e un terzo di quella regionale, tra cui si trovano circa cento specie rare. Questo luogo è inoltre la casa di animali come tassi, volpi, faine, istrici, di rettili come la vipera e il cervone e di alcune specie di volatili, tra cui spicca il Capovacchio, il rapace più piccolo d’Europa e il Falco Grillaio, che qui ama trascorrere gli inverni e che è diventato il simbolo del parco.

Festa della Madonna della Bruna

A Matera la festa della Madonna della Bruna è giunta quest’anno alla 629° edizione ma in realtà nessuno sa con precisione assoluta quando questa festa è entrata a far parte della storia di Matera.

Le prime fonti scritte su questa cerimonia risalgono al 1530 ma il culto è attestato già quando venne costruita la cattedrale, tra il 1226 e il 1270. Pare però che a quel tempo si celebrasse solo la festa in onore di Santa Maria, anche se secondo fonti storiche sono stati i primi crociati, intorno all’anno Mille, ad importare dall’Oriente il culto della Madonna Nera, celebrato il 2 luglio.

Il 2 luglio è esattamente il giorno in cui a Matera si onora la Madonna della Bruna, patrona della città insieme a Sant’Eustachio. È un giorno atteso per tutto l’anno e le celebrazioni cominciano fin dalle prime luci dell’alba, quando inizia la processione dei pastori che si recano a salutare il quadro in cui è rappresentata la Madonna della Bruna. Scortata da cavalieri e cavalli bardati di fiori di carta e velluto, il quadro viene portato per le strade della città su un carro trionfale che viene preparato per mesi.

Quando la processione arriva in piazza del Duomo il carro con la Madonna compiono tre giri di rito, che simboleggiano la presa di possesso della città da parte della patrona. Infine il dipinto viene portato nella cattedrale e il carro viene preso festosamente d’assalto e distrutto.

La festa si conclude a tarda sera con le luci dei fuochi d’artificio che si riflettono sui Sassi.

Il pane di Matera

Matera è legata a doppio nodo con il suo pane, non solo perché è il prodotto che meglio la rappresenta ma anche perché questo pane ha il profumo buono delle comunità di una volta, in cui le famiglie e le persone vivevano in stretta simbiosi.

Durante il regno di Napoli a Matera era prevalente la produzione cerealicola. In questo periodo storico probabilmente nasce il Pane di Matera.

Sempre più famiglie si attrezzarono per la lunga conservazioni dei cereali e nelle famiglie, soprattutto in quelle contadine, non mancava in casa un mortaio per la molitura del grano e un forno per la cottura del pane. Nel 1857 solo a Matera è attestata la presenza di quattro mulini pubblici e ben presto vennero aperti anche i forni pubblici, scavati nella roccia.

La preparazione del pane metteva in relazione tutto il borgo, partendo dal lievito che era di tutti. Ogni famiglia poteva prendere la quantità di lievito di cui aveva bisogno, poi lo copriva con un canovaccio e lo passava alla famiglia successiva. La preparazione del pane era quasi un rituale, l’impasto veniva predisposto su una tavola di legno massello e amalgamato con un movimento delle mani, a pugno chiuso. Quando era pronto si formavano tre panetti uguali ed uno più piccolo infine si disponevano su una piccola tavola. Ogni famiglia apportava il suo timbro, i timbri erano piccole statuette dalla forma di persone o di animali, alla cui base erano incise le iniziali del capofamiglia. Un fischio annunciava l’arrivo del garzone del fornaio, che aveva il compito di ritirare i panetti per portarli a cuocere. Ogni forno aveva più di un aiutante e tutti dovevano occuparsi delle prenotazioni e del ritiro e riporto del pane.

Quando il pane era cotto veniva infatti riportato alla rispettiva famiglia, spesso accompagnato da una focaccia con il pomodoro o da olio e zucchero e per i bambini era subito festa.

Diverso dagli altri tipi di pane, soprattutto per la storia a cui si lega. Il Pane di Matera nel 2008 ha ricevuto la certificazione di Prodotto IGP – Indicazione Geografica Protetta.

Le opere di Salvador Dalì tra i Sassi di Matera

Di occasioni uniche è pieno il mondo, ma quella di cui stiamo raccontando non è un’occasione, è un’emozione imparagonabile.

A partire da Novembre 2018 e per tutto il 2019 tra i Sassi di Matera verranno esposte le opere di Salvador Dalì, tra i più eclettici artisti spagnoli del ‘Novecento.

Passeggiando tra i Sassi ci si potrà trovare davanti a sculture grandi ed altre mastodontiche ma anche ad opere più piccole, come il famoso orologio disciolto, che potrete trovare in Via Madonna delle Virtù. Il tempo infatti è uno dei quattro temi su cui è imperniata la mostra, altri sono la metamorfosi tra reale e surreale, la dialettica tra scienza e religione e involucro e contenuto.

La mostra, organizzata dalla società Dalì Universe, non è solo questo: nella chiesa rupestre della Madonna della Virtù sono state collocate circa duecento opere minori inoltre sparse per la città potrete assistere a videomapping, ologrammi, proiezioni in 3d e stanze con realtà virtuale e filmati sensoriali. Oltre a tutto questo è in corso d’allestimento un’area cinema, in cui verrà proiettato un film documentario sulla mostra.

Matera sarà capitale europea della cultura per tutto il 2019 e questo è solo un ricco antipasto del programma previsto.

Cristo si è fermato  a… Matera

Carlo Levi nasce nel 1902 a Torino, città che già allora era nel pieno del fermento culturale e industriale. Nel 1923 Carlo Levi va a Parigi, qui inizia la sua passione per la pittura, grazie all’influenza dell’arte parigina e delle opere di Amedeo Modigliani.

Nello stesso anno in cui si laurea in medicina, nel 1924, partecipa alla Biennale di Venezia con due dipinti. Il viaggio a Parigi però aveva smosso in lui qualcosa di più della passione  per la pittura, durante il suo soggiorno francese Carlo Levi aveva iniziato a nutrire sentimenti d’odio e di contrapposizione contro il regime fascista e la cultura diventa per lui l’unico modo per combatterlo.

Entra a far parte del movimento pittorico “I sei pittori di Torino” e in questo contesto la pittura rappresenta per l’artista un mezzo espressivo libero, contrario all’arte standardizzata che vuole promuovere il regime.

Nel 1930 entra a far parte del movimento antifascista “Giustizie a Libertà”, viene arrestato più volte e nel 1935 viene condannato al confino in Lucania.

Quest’esperienza gli consente di vedere una realtà che non conosceva. Da intellettuale e uomo di mondo si ritrova catapultato nella vergogna d’Italia, in una terra dimenticata da Dio e dal governo italiano. Le persone a quel tempo vivevano in condizioni di estrema indigenza e abitavano nelle grotte.

Nel 1936 Carlo Levi riceve la grazia ma il suo soggiorno in Basilicata lo ha profondamente segnato.

Nel 1945 pubblica Cristo si è fermato ad Eboli, un’opera attraverso cui mette in luce le condizioni disumane in cui si vive a Matera, tra i suoi sassi, nella sua provincia e nell’intero Mezzogiorno d’Italia. È un trattato di denuncia ma è soprattutto un invito a provare vergogna, rivolto al governo italiano.

All’esperienza lucana Carlo Levi dedica anche il dipinto Lucania ’61 e le raccolte di poesie Il bosco di Eva, L’invenzione della verità e L’imitazione dell’eterno.

Grazie all’impegno civile di Carlo Levi è stato messo un luminoso faro sulla situazione di Matera e della Basilicata.

San Giovanni da Matera

È una storia affascinante quella di San Giovanni da Matera, nato nel 1070 nel cuore del Sasso Caveoso.

Dopo aver studiato presso il Convento di Sant’Eustachio la famiglia voleva imporgli una carriera militare a cui lui si ribellò fuggendo da Matera. Girovagò per la Calabria e poi per la Sicilia, infine giunse in Puglia. Scelse la strada della povertà e a Ginosa fondò un monastero benedettino.

Ben presto però decise di ritirarsi da eremita sul Gargano e qui riunì una sua congregazione.

Venne santificato nel 1177 da papa Alessandro III, alla sua canonizzazione hanno contribuito sicuramente i miracoli che gli sono stati attribuiti in vita e dopo la sua morte, avvenuta nel 1139.

La sua casa natale è diventata in seguito la chiesa rupestre del Vecchio Purgatorio, oggi non più adibita al culto.

Nella chiesa di San Pietro Caveoso sono conservate alcune reliquie del santo.

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La Capriata

La Capriata è molto più di una ricetta, è una tradizione secolare che dura ancora oggi.

A Matera in passato venivano coltivati molti cereali e legumi, solitamente il raccolto terminava il primo d’agosto quando le donne per festeggiare la buona annata agricola preparavano la capriata con legumi tipici della zona. La capriata si cuoceva in strada perché si faceva in dei pentoloni di grandi dimensioni e poi si offriva all’intero vicinato.

Ancora oggi nel rione La Martella il primo agosto si cucina La Capriata per tutti i presenti.

Compagni immancabili erano il pane di Matera e del vino rosso, solitamente Primitivo.

Ingredienti per dieci persone

  • 100 gr di grano;
  • 100 gr di farro;
  • 100 gr di fave con la buccia;
  • 100 gr di cicerchie;
  • 100 gr di ceci bianchi;
  • 100 gr di lenticchie;
  • 100 gr di fagioli di Sarconi “verdolino”;
  • 50 gr di piselli;
  • 500 gr di patate novelle;
  • 4 gambi di sedano;
  • 2 cipolle;
  • 3 carote di piccole dimensioni;
  • Qualche pomodorino ciliegino;
  • Olio e sale q.b.

Preparazione

Prendere i legumi secchi e lasciarli in ammollo per le ventiquattro ore precedenti.

Quando si deve preparare La Capriata lavare bene le patate e metterle in un grande pentolone con tutta la buccia, unire i legumi e aggiungere l’acqua facendo attenzione a superare i legumi di circa due centimetri. Lasciar cuocere a fuoco lento.

Tagliare le carote e i gambi del sedano a pezzetti, sminuzzare la cipolla, aggiungere tutto a metà cottura, insieme ai pomodorini e aggiungere il sale.

Terminata la cottura, circa 90 minuti, servire la capriata nei piatti o preferibilmente in terrine di terracotta, avendo cura di aggiungere un filo d’olio extravergine d’oliva crudo.

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