Non si hanno notizie certe su chi abbia scoperto La grotta di nettuno.

Probabilmente un pescatore algherese di nome Ferrandino, intorno alla fine del 1700. Ma altre fonti sostengono impossibile che i Romani presenti nel Portus Nymphaeus vicino, Porto Conte, intorno al I sec. d.C. non si siano avventurati dentro questa meraviglia del creato. D’altronde, anche nella vicina Grotta Verde, si trovarono dei resti di civiltà risalenti ad epoche antiche e che confermano questa ipotesi.

Certamente è per tutti l’Antro, la Grotta dove da sempre si rifugia Nettuno o Poseidon, dio del mare.

Anche principi e principesse, re, alte personalità e studiosi italiani e stranieri desiderarono ardentemente entrarvi dentro. Carlo Alberto principe di Carignano, che diventò in seguito Re di Sardegna, visitò ben tre volte la Grotta, una volta accompagnato dal grande studioso della Sardegna Alberto La Marmora, la seconda insieme al figlio primogenito Vittorio Emanuele, futuro Re d’Italia. Una terza volta un viaggiatore inglese dell’800, ebbe l’onore di visitarla insieme a lui facendone anche un resoconto scritto in un’opera che è divenuta famosissima in tutta Europa. Il suo nome era John Warre Tyndale. In “The Island of Sardinia” (Londra 1849) egli ha descritto non solo la città di Alghero e le sue bellezze, ma la Sardegna tutta, con una prospettiva attenta a cogliere usi e costumi del popolo dei sardi, nonché particolari e somiglianze con altre culture, come solo un vero viaggiatore sa fare.

Nel 1954 si apriva l’Escala del Cabirol (una targa proprio a inizio del percorso verso la Grotta ricorda questo evento); è da più parti attribuita ad Antoni Simon Mossa, architetto e filosofo che al tempo della costruzione ricopriva anche il ruolo di sovrintendente ai beni culturali. Una scala lunga 400 m., che si inerpica a zig zag proprio come facevano un tempo i caprioli e i daini lungo una parete paurosamente a picco alta 119 m.

Una attrattiva turistico-sportiva connessa alla Grotta di Nettuno, e “una delle più ardite e suggestive scale su parete di sesto grado del mondo” (Touring Club Italiano).

Nel 1999, l’importanza geonaturalistica dell’area in cui insiste la grotta è stata suggellata con la nascita del Parco Naturale Regionale di Porto Conte, un patrimonio eccezionale di biodiversità a cui nel 2002 si è aggiunta l’Area Marina Protetta di Capo Caccia e Isola Piana per la tutela delle specie mediterranee. Il Parco custodisce inoltre una rara concentrazione di testimonianze archeologiche di grande interesse.

Per circa 150 anni dalla sua scoperta l’organizzazione delle visite alla Grotta di Nettuno (Cova de Neptù in catalano algherese) era affidata ad un comitato che, esclusivamente d’estate, attraverso modalità collaudate e il noleggio di un cospicuo numero di barche, invitava all’avventura una grande parte della popolazione di Alghero e dei paesi limitrofi.

Come raccontato dallo speleologo e conoscitore della storia del sito Mauro Mucedda (Guida alla Grotta di Nettuno, 1994), i partecipanti verso sera si riunivano al porto fuori le mura antiche, in vista della partenza fissata intorno a mezzanotte. L’evento causava grande curiosità ed emozione: si trattava pur sempre di un viaggio ricco di fascino. Nel buio tragitto sfavillavano solo le piccole luci delle barche.

Arrivati a destinazione all’alba, il primo compito era illuminare la grotta: in precisi punti strategici centinaia di candele venivano accese da alcuni marinai che entravano prima dei visitatori.

In seguito una barchetta traghettava gli ospiti nel lago della grotta, fino ad arrivare ad una piccola spiaggia dove, in eventi particolari, era permesso danzare in presenza di una orchestra che suonava nella cosiddetta Tribuna della Musica. Le note musicali risuonavano all’interno di un paesaggio spettacolare e misterioso allo stesso tempo.

Testi e foto www.grottadinettuno.it

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